di Bruna Miorelli
Una grande figura di donna ci ha lasciato. Fino agli ultimi anni Inge Feltrinelli è rimasta attiva, con quella sua baldanza e il suo entusiasmo giovanile, anche se il corpo in ultimo appariva piegato, di colpo, senza una lenta evoluzione. Così l’ho vista l’ultima volta in casa editrice, in via Andegari, e lei come sempre quando mi vedeva mi si è avvicinata e mi ha offerto diversi libri, con la disponibilità e la verve che l’hanno sempre contraddistinta.
Instancabile, è stata motore della casa editrice dopo la scomparsa di Giangiacomo Feltrinelli. Una scomparsa ancora tutta da chiarire per le modalità in cui avvenne. È solo da pochi anni che i famigliari hanno fatto balenare l’idea che non si sia trattato di incidente, che dietro la caduta dal traliccio ci fosse ben altro.
La ricordo sensibile all’elaborazione delle donne, all’amicizia con Bianca Beccalli e Diana Mauri – tra le altre che frequentavano la sua casa -, alla relazione con due sue importanti scrittrici, entrambe premi Nobel: Nadine Gordimer e Doris Lessing.
A proposito di Nobel, ci fu l’episodio che la lasciò sconcertata ed è facile intuire, addolorata: quando nel 2006 un altro suo autore e amico, Günter Grass, ammise di esser stato da giovane nella Wehrmacht e poi nelle SS come volontario e non per obbligo di leva. Essendo figlia di ebrei, pensiamo a che colpo debba esser stato per Inge Feltrinelli, che in quel momento si definì ferita, stupefatta, ed espresse la sua condanna.
A Giangiacomo Feltrinelli dobbiamo la linea editoriale al passo con i movimenti e con il dilagare delle lotte post-sessantotto. E le due precedenti mosse da maestro: quando nel 1957 e nel 1958 pubblicò due romanzi di enorme successo, Il dottor Zivago e Il Gattopardo, a dimostrazione della sua eterodossia rispetto a una sinistra ben più cauta su certe tematiche giudicate pericolose o regressive, quella legata al PCI, che allora dominava il panorama culturale nazionale. Pochi anni dopo la sua morte, che ebbe luogo nel 1972, quando a metà decennio o poco dopo i movimenti cominciano a declinare, per la casa editrice si prospettò se non la crisi almeno l’ipotesi di una svolta.
Carlo, nato nel 1962, all’epoca era un ragazzino. L’operazione fu governata da Inge Feltrinelli con una cerchia di intellettuali di cui si fidava. Poi mano a mano le leve della direzione della casa editrice sono passate a Carlo, unico figlio ed erede universale di varie generazioni del ceppo industriale Feltrinelli. Lei, da ultimo presidente, lui amministratore delegato di una società espressione di un tipo di capitalismo famigliare, come quello italiano, che continua a fare perno su un nucleo che si protegge da ingerenze esterne. Creati da Carlo i due palazzi di vetro e cemento di Porta Nuova, dove si sono trasferite molte delle attività editoriali, compresa la Fondazione.
Un altro momento cruciale, di passaggio, credo sia stato l’arrivo della FNAC a Milano, quando pareva che la multinazionale francese avrebbe fagocitato il mercato della vendita del libro in Italia con una serie di spazi di tipo nuovo. La Feltrinelli è corsa ai ripari, con il megastore di Piazza Piemonte e il grande negozio in piazza Duomo. Un confronto che l’ha vista alla fine vincitrice, con la catena di librerie in tutto il paese, ben più di cento e in continua proliferazione, tendenza forse inevitabile e con un effetto collaterale negativo, la chiusura di tante piccole librerie.
Forse la più bella foto di Inge Feltrinelli è quella di lei, giovane donna in costume da bagno, vicina a Hemingway. Un enorme pesce, è possibile un marlin, alzato come trofeo. Faccia tonda, bei denti e labbra piene, che così sarebbero rimaste sempre, corpo elastico. Gambe stupende valorizzate dai tacchi, quando reggeva il suo ruolo di ambasciatrice di una sigla editoriale nota in tutto il mondo, Inge non se la tirava, come si suol dire. Nonostante le sue alte frequentazioni sociali e letterarie, salutava il più umile dei giornalisti e prestava attenzione a ciascun attore del mondo dei libri.
E, cosa più importante di tutte, ha retto la bandiera del prestigio internazionale legato all’opera di Giangiacomo Feltrinelli. Prestigio politico e culturale. E non è poco che ci sia riuscita. Le svolte di cui parlavo avrebbero potuto portare in un’altra direzione. Donna inossidabile anche in questo: ha dato continuità a un’immagine che con l’evolvere dei tempi avrebbe potuto sbiadirsi fino ad essere cancellata. Così non è avvenuto, e di questo Carlo deve esserle grato.